Fondazione Onda: medicina di genere e personalizzazione delle terapie ai tempi dell’IA

L’indagine Elma Research ha rivelato l’interesse dei medici per l’IA ma poca informazione e timori rispetto a privacy e sicurezza dei dati.

Medicina di genere e personalizzazione delle terapie ai tempi dell’intelligenza artificiale sono stati i temi al centro dell’ottava edizione del congresso di Fondazione Onda ETS, tenutosi in modalità virtuale dal 24 al 26 settembre scorsi.

Il congresso è stato presentato il 24 settembre nel corso di una conferenza stampa con un focus sull’indagine “IA in medicina: stato dell’arte e prospettive”, realizzata per l’occasione da Elma Research.

I medici alla prova dell’IA

L’indagine condotta da Elma Research ha analizzato il punto di vista di 433 clinici – di cui 201 oncologi, 232 altri specialisti (80 neurologi, 77 cardiologi, 75 diabetologi), con un’età media di 51 anni – rispetto all’IA, valutandone livello di conoscenza, gli ambiti di utilizzo, le barriere, il sentiment e la percezione.

È emersa una conoscenza ancora piuttosto superficiale. Difatti, sebbene tutti i medici coinvolti nell’indagine abbiano sentito parlare di IA, la associano prevalentemente a ChatGPT. A partecipare a specifici corsi di formazione sul tema, appena il 18% del campione. 1 su 10 si dichiara ben informato e lega l’IA prevalentemente a software di supporto alla diagnostica (48%) nonostante le sue molte altre possibilità di utilizzo (supporto alla decisione terapeutica e alla ricerca clinica, allo sviluppo di dispositivi e alla chirurgia robotica).

Questo scarso livello di conoscenza è confermato anche su sollecito: il supporto alla diagnosi è il più noto (88%) seguito dai software per rielaborare testi. Un po’ più della metà riconosce come ambito di applicazione dell’IA il supporto alla comunicazione con il paziente (52%).

Per quanto attiene all’utilizzo dell’IA in ambito sanitario, è emersa una frammentazione tra settore pubblico e privato in favore del secondo.

Il futuro dell’IA in sanità tra aspettative e timori

Guardando al futuro, aspettative, interesse, curiosità e apertura si scontrano anche con una forte incertezza, espressa dal 52% del campione, con particolare riguardo agli aspetti legati a trasparenza (48%), sicurezza dei dati (41%) ed uso etico degli stessi (40%).

Proprio in virtù di ciò i medici chiedono di poter disporre di uno strumento di qualità (95%), certificato (92%).

Dal punto di vista della sua applicazione però, nonostante i dubbi, i medici credono che l’IA possa avere degli effetti positivi sul miglioramento della vita dei pazienti (69%) e anche in termini di precisione degli strumenti (59%).

Per quanto riguarda le barriere da superare, prioritarie una corretta informazione, una adeguata formazione unitamente a risorse e all’abbattimento di una resistenza culturale al cambiamento.

Aggiornare gli specialisti

«Rispetto alla consapevolezza dei medici riguardo all’importanza che l’IA può avere in ambito sanitario sembrano persistere ad oggi barriere, che è importante superare con l‘informazione. Emerge la necessità di aggiornare fin da subito gli specialisti sugli sviluppi degli strumenti AI based.

Solo informandoli e formandoli circa le potenzialità che queste tecnologie hanno si potranno, infatti, abbattere le resistenze all’IA nel prossimo futuro. La conoscenza dovrà passare per una regolamentazione chiara e puntuale da parte delle Istituzioni.

Solo così si riuscirà ad abbattere il senso di incertezza permettendo ai clinici di avere la giusta serenità per accogliere queste novità, in termini di trasparenza, sicurezza, privacy ed etica», ha dichiarato Francesca Merzagora, presidente della Fondazione Onda ETS.

IA come supporto e non sostituzione della relazione medico-paziente

La ricerca ha evidenziato speranze e timori rispetto all’uso dell’IA in sanità.

«È comprensibile un po’ di diffidenza per il rischio che la macchina si sostituisca al rapporto medico paziente in cui spesso si devono cercare le soluzioni più complesse che si basano sull’attitudine del paziente per una scelta condivisa e non basata solo sulla miglior opzione nella media. Quindi grande fiducia nella tecnologia ma anche nella possibilità che non si arrivi a superare il confronto per una scelta che è individuale», ha sostenuto Filippo De Braud, professore ordinario di Oncologia Medica all’Università di Milano, direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematoncologia della Fondazione Irccs Istituto Nazionale Tumori dei Milano.

I vantaggi pratici dell’IA per la salute mentale

Nel campo della salute mentale, l’IA sta offrendo numerose opzioni che migliorano l’assistenza, in termini di accessibilità, personalizzazione, trattamento e monitoraggio.

«Queste opportunità (chatbot, assistenti virtuali, telepsichiatria) stanno contribuendo al miglioramento della depressione e ansia ma non possono sostituire lo psichiatra. La psichiatria è una disciplina profondamente umana, dove interazione, empatia e giudizio clinico sono fondamentali per il successo dei trattamenti.

L’IA allo stato attuale è uno strumento complementare non sostitutivo nella cura. Ogni esperienza umana è uno straordinario fenomeno unico e prezioso, che richiede un substrato neurale che non può essere replicato con una semplice simulazione delle sue funzioni.

L’IA pone una sfida importante non solo per la salute ma per la condizione umana e il nostro posto nella natura», ha concluso Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze Salute Mentale ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, copresidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia e past president della Società Italiana di Psichiatria.