Ictus cerebrale acuto, l’importanza dell’integrazione ospedale e territorio

Durante il Congresso della SNO, viene presentato il modello Toscana, basato su una comunicazione puntuale e rapida tra 118 e Pronto Soccorso, che è così pronto ad accogliere il paziente in arrivo. 

L’ictus cerebrale acuto è definito un evento tempo-dipendente perché prima il paziente viene sottoposto ai trattamenti necessari e maggiori sono le probabilità che sopravviva e che i danni causati dall’evento stesso restino limitati. Ciò significa, prima di tutto, che il paziente o i suoi famigliari sappiano riconoscere rapidamente i segnali di un evento ictus, che sia ischemico o emorragico, così da chiamare subito il 118 e far giungere il soggetto il prima possibile in ospedale.

A tal fine è necessario, secondo il dott. Gino Volpi, direttore S.O.C. Neurologia e Neurofisiopatologia degli ospedali San Iacopo di Pistoia e SS Cosma e Damiano di Pescia dell’Azienda USL Toscana Centro, avviare campagne di informazione rivolte alla popolazione, ma non solo. Anche il personale delle associazioni di soccorso deve essere sottoposto a formazione continua. Il secondo aspetto da migliorare è senza dubbio quello organizzativo, in particolare rinforzando la comunicazione tra soccorritori e ospedale. In tal senso, il dottor Volpi ha colto l’occasione del 62esimo Congresso Nazionale di Scienze Neurologiche Ospedaliere (SNO), la Società dei Neurologi Neurochirurghi Neuroradiologi Ospedalieri italiani, per spiegare il “modello Toscana”.

Il modello Toscana

Una volta giunti dal paziente i soccorritori effettuano una valutazione di base, comunicandone immediatamente i risultati al team di Pronto Soccorso che lo accoglierà al suo arrivo: si parla di “prenotifica”. Ciò consente di velocizzare le tempistiche, anticipando il trattamento tromboembolitico necessario. Secondo la World Stroke Organization, il gold standard sarebbe riuscire a trattare i pazienti entro 30 minuti dall’evento ictus. Bene, nel primo quadrimestre del 2023, in Toscana il 72% dei pazienti con ictus è arrivato in Pronto Soccorso con una prenotifica e, di questi, l’86% è stato trattato entro i 30 minuti. Ciò mette in evidenza il ruolo chiave della prenotifica stessa.

Spiega il dott. Volpe: i tempi di trattamento del paziente, una volta raggiunto il pronto soccorso, sono governati da protocolli ormai definiti e collaudati sul modello pit stop delle gare automobilistiche. Il nodo cruciale resta quindi la fase territoriale, cioè il pronto riconoscimento dei sintomi dell’ictus da parte del paziente e dei familiari, il pronto riconoscimento della patologia neurologica acuta da parte dei mezzi di soccorso che giungono sulla scena, la rapida comunicazione con la centrale del 118, il pronto invio del paziente e il contemporaneo contatto con il neurologo in pronto soccorso che è in grado, con i dati fornitigli telefonicamente, di contattare i familiari e predisporre il protocollo trattamento in TC all’arrivo del paziente».

Trattamento fondamentale per ridurre il più possibile gli esiti dell’ictus sul cervello, esiti che si traducono poi in deficit funzionali di carattere ora cognitivo, ora motorio, se non entrambi. In Italia ogni anno si contano circa 90.000 ricoveri per ictus, nel 20% dovuti a recidiva. Sarebbe utile che ognuno di questi casi venisse trattato entro i 30 minuti dall’inizio dell’evento.