La medicina di emergenza-urgenza in difficoltà: a marzo gli Stati Generali

La medicina di emergenza-urgenza ha fatto importanti passi avanti negli anni, tuttavia sta attraversando un periodo di gravi difficoltà – in concomitanza con una crisi più generale che ha investito il sistema sanitario nazionale – e ciò a causa sia dell’assenza di un modello unico a livello nazionale che sia capace di garantire al cittadino un sistema di cure omogeneo sia delle differenze da Regione a Regione, determinate da una diversa disponibilità associata a diversi modelli organizzativi.

«Sono passati quasi 30 anni da quando (1992) le prestazioni in emergenza-urgenza sono entrate a far parte di quelle previste dai Livelli Essenziali di Assistenza.
In questi anni, nonostante un successivo accordo tra Stato-Regioni (1996) e il supporto delle società scientifiche che hanno proposto standard organizzativi e di formazione, il sistema della medicina di emergenza-urgenza appare diversificato nelle singole Regioni e senza alcuna effettiva integrazione tra il sistema di emergenza pre-ospedaliera e ospedaliera», ha sostenuto Fabiola Fini, presidente della Federazione Italiana Medicina di Emergenza-Urgenza e delle Catastrofi, Fimeuc.

«L’emergenza-urgenza è uno degli anelli fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale e l’assistenza deve essere garantita in maniera unitaria in tutto il Paese», ha proseguito Fini, ricordando che l’allarme sulla gravità della situazione, lanciato da tempo, è rimasto a lungo sottovalutato.

Disparità regionali, carenza di specialisti, necessità di maggiori garanzie per i professionisti dell’emergenza-urgenza, sempre più esposti ad aggressioni, sono stati i temi principali dell’incontro tenutosi a Roma lo scorso 5 dicembre presso la sede dell’Empam per la presentazione degli Stati Generali dell’Emergenza-Urgenza che si terranno a Firenze i prossimi 5 e 6 marzo 2020.

«Il cittadino, nel momento dell’emergenza-urgenza, a seguito di un attacco acuto, di un incidente stradale o di una catastrofe, non ha la possibilità di decidere a chi rivolgersi, deve soltanto essere soccorso nel più breve tempo possibile ed essere curato al meglio», ha sottolineato Annamaria Ferrari, presidente dell’Ordine dei Medici di Reggio Emilia.

«La Federazione sta lottando per un percorso specialistico lineare e omogeneo e accogliamo con favore gli Stati Generali perché implica che tutto il mondo dell’Emergenza-Urgenza sta cercando di creare una rete di supporto, andando a superare una divisione in compartimenti stagni, per assicurare un sistema di cure omogenee ai cittadini», ha quindi aggiunto.

Un punto di vista condiviso anche dall’Ordine Nazionale degli Infermieri, rappresentato da Stefano Giglio, presidente dell’Ordine delle professioni Infermieristiche della provincia di Udine, che ha ricordato quanto sia importante «puntare a multidisciplinarietà e condivisione delle esperienze».

La carenza di medici del settore è un altro tema cruciale.
Il numero delle borse di studio per la specializzazione è insufficiente, nonostante nel 2019 vi sia stato un significativo aumento dei posti, da 80 a 475.
Mancano circa 2 mila medici di Pronto Soccorso e 118, con una situazione, per quest’ultimo, ai limiti del collasso.
Questo divario, sommato alla mancanza di posti letto ospedalieri e all’insufficiente copertura territoriale con adeguati presidi specialistici, comporta un sovraccarico delle attività dei Pronto Soccorso e sovraffollamento degli stessi.

«Con l’incremento previsto per le borse di studio si dovrebbe assistere a una normalizzazione nel prossimo quinquennio, ma resta l’esigenza di tamponare l’immediato.
È necessario trovare nel mentre una soluzione-ponte», questo il commento di Lorenzo Ghiadoni, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina di Emergenza-Urgenza di Pisa.

Una soluzione che Ares Lazio ha individuato nella sanatoria per i camici grigi, con ciò intendendo tutti quei medici che negli anni, pur non riuscendo a conseguire la borsa di studio, hanno lavorato e fatto da tappabuchi.

Non va dimenticato, inoltre, che è cresciuto in modo preoccupante il numero di aggressioni verso le figure professionali coinvolte nei servizi di prima assistenza, come guardia medica e personale di Pronto Soccorso e 118.

«È necessario investire di più nella medicina di Emergenza-Urgenza, anche perché si tratta di un lavoro usurante, è stata la richiesta avanzata da più parti.
Senza considerare che si va sempre più incontro a una popolazione anziana, con disabilità e morbilità, per la quale è fondamentale strutturare una rete efficace di cura con un team multidisciplinare», ha sottolineato Maria Luisa Ralli di Cosmeu (la rete dei medici specializzandi dell’Emergenza-Urgenza), la quale ha concluso ricordando che «così come il diritto alla salute è uno solo in tutta Italia, così dovrebbe essere per l’Emergenza-Urgenza, che dovrebbe garantire parità di trattamento da Nord a Sud».

L’importanza di un maggiore investimento in risorse per il settore è stata ricordata anche da Mauro Zago, presidente della Sicut – Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza e del Trauma: «il paziente chirurgico urgente (che non è solo un paziente con trauma) è un paziente negletto. Se è vero che ogni chirurgo deve sapere intervenire in urgenza, è pur vero che le specialità chirurgiche sono tante e non si può prescindere dall’alta specializzazione dei professionisti».

Tante le questioni che esigono risposte. La convocazione degli Stati Generali della Medicina di Emergenza-Urgenza è nata proprio dall’esigenza di offrire risposte omogenee ed efficaci che siano in grado di dare maggiori garanzie al cittadino nelle situazioni d’emergenza attraverso interventi immediati, competenti e appropriati, in tutto il Paese.

Si è dato vita, pertanto, a una serie di tavoli di lavoro ai quali è stato affidato il compito di redigere un documento con le proposte che verranno presentate agli Stati Generali di Firenze (5-6 marzo 2020) e che verranno poi sottoposte al ministro della Salute Roberto Speranza.

Elena D’Alessandri