Malattie infiammatorie croniche intestinali: individuata molecola chiave

Uno studio internazionale (IL-33 promotes recovery from acute colitis by inducing miR-320 to stimulate epithelial restitution and repair. Loris R. Lopetuso, Carlo De Salvo, Luca Pastorelli et al. pubblicato online su PNAS, il 17 settembre 2018) condotto dalla Fondazione Policlinico Agostino Gemelli Irccs – Università Cattolica e dalla Case Western Reserve University di Cleveland (Ohio, USA) ha individuato il IL-33 una molecola potenzialmente utile nella terapia della morbo di Crohn e della rettocolite ulcerosa.

La molecola si è fatti dimostrata in grado, in modelli animali di malattia e su cellule intestinali umane, di favorire la riparazione della mucosa intestinale. Che IL-33 e il suo recettore ST2 avessero un ruolo nell’evoluzione della patologia era noto, ma questo studio ha messo in evidenza in che modo.

Lo spiega bene il dottor Loris Lopetuso, ricercatore in Gastroenterologia presso il Policlinico Gemelli di Roma: «in questo studio su un modello murino, per la prima volta abbiamo scoperto che IL-33 e il suo recettore hanno un’importante funzione protettiva per le pareti intestinali, accelerandone i processi di guarigione tramite l’espressione di un network di micro RNA (miRs), in particolare del miR-320, che risulta fortemente espresso nelle cellule epiteliali isolate dall’intestino degli animali con colite trattati con IL-33».

Antonio Gasbarrini

Sarebbe proprio questo network di RNA a favorire la guarigione, perché in sua assenza, IL-33 da sola non è in grado di agire.
Il professor Antonio Gasbarrini, direttore Area Gastroenterologia e Oncologia Medica e direttore UOC Medicina Interna e Gastroenterologia dell’Irccs Gemelli, sottolinea: «questo studio pone le basi razionali per la valutazione di un potenziale approccio terapeutico tramite l’azione protettrice dell’IL-33 e/o del miR-320 nelle MICI; il prossimo passo della ricerca, dunque, sarà valutare come varia il comportamento di questo asse nell’uomo in risposta agli agenti immunomodulanti attualmente in commercio».

C’è però un altro aspetto da considerare. I ricercatori si aspettano che IL-33 funzioni meglio nei pazienti che rispondono prima e meglio alle terapie già in uso: potrebbe quindi diventare un marker per capire verso quale terapia indirizzare i pazienti stessi. Senza fare “tentativi”.

Stefania Somaré