Nel 2020 in Italia si contavano 411 punti nascita con una distribuzione territoriale che vedeva 172 punti nascita al Nord, 79 al Centro e 160 tra il Sud e Isole. La Terapia Intensiva Neonatale era presente in 118 punti, di cui: 44 al Nord, pari al 37%, 21 al Centro (18%) e 53 al Sud e nelle isole (45%).
L’accordo Stato-Regioni 2010 ha definito gli standard per la riorganizzazione dei punti nascita, a livello nazionale, su due livelli. I centri di primo livello, quelli con un numero di parti annui compresi tra 500 e 1.000, e i centri di II livello che, oltre a presentare un numero di parti superiore a 1.000, dispongono di una serie di ulteriori figure professionali specialistiche.
Perché è cruciale l’anestesista in sala parto
Stando ai dati, e spesso per ragioni geografiche, il 37% delle donne partorisce in strutture con meno di 1.000 parti annui. Inoltre, si è evidenziato che i centri piccoli ricorrono in misura maggiore al taglio cesareo, anche se con differenze regionali marcate.
Il tema della parto-analgesia e dell’importanza di un anestesista in sala parto – discusso in una sessione dedicata in occasione del congresso ICARE 2023 della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva – SIAARTI, ospitato a Roma dal 26 al 28 ottobre scorsi presso il Convention Center La Nuvola – risulta centrale, ancor più in un Paese come il nostro, in ragione di un progressivo innalzamento dell’età media delle donne al primo figlio (superiore ai 31 anni) – over 40 nell’11% dei casi – così come di un boom di procreazioni medicalmente assistite – PMA tra donne over40, elementi questi che espongono a rischi maggiori.
La parto-analgesia
Di parto-analgesia in Italia si parla dall’inizio degli anni ‘90. Nel 2008 con l’inserimento nei LEA dell’anestesia peridurale è cresciuta la domanda, anche se i dati hanno mostrato una forte eterogeneità di carattere territoriale.
Tuttavia, negli ultimi anni, la carenza di organico ha portato al progressivo venir meno della figura dell’anestesista in sala parto, tanto che in Italia queste figure specialistiche sono presenti solo nel 44% dei parti – di cui il 31% cesarei – quindi essenzialmente nel 13% dei parti naturali, a fronte di percentuali ben più alte di Paesi come Francia o Regno Unito.
A livello generale, nel nostro Paese, rispetto alla parto-analgesia si riscontra carenza di dati e assenza di condivisione degli stessi; inoltre, ci si scontra, come sovente avviene, con 20 sistemi regionali tra loro differenti.
La situazione in Veneto
La Regione Veneto dispone di un Comitato Regionale del Percorso Nascita. In Regione esistono due grandi aziende ospedaliere, quelle di Padova e Verona ma anche punti nascita con un numero di parti inferiore a 500 in deroga a quanto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 2010, in considerazione di specifiche condizioni orografiche.
In tutti i punti nascita è presente un pediatra neonatologo h24, a eccezione di: Asiago (dove è presente il pediatra 8 ore e poi l’anestesista), Portogruaro (presente pediatra 12h, poi reperibile nelle altre 12), Valdagno (presente 6 ore il pediatra, poi l’anestesista) e Abano (6 ore pediatra, poi reperibile).
La rete dei punti nascita della Regione Umbria
Un’esperienza premiante è quella della Regione Umbria, dove il tentativo è stato mettere in rete tutti i 6 i punti nascita presenti. La somministrazione di un questionario che consentisse di avere una panoramica della situazione regionale ha mostrato che: la parto-analgesia h24 rientra nei LEA; l’anestesista dedicato al dipartimento materno-fetale è presente però h24 solo a Terni e, con orario 8-20, a Perugia (in reperibilità nelle ore notturne), mentre risulta assente negli altri 4 punti nascita.
In assenza del professionista dedicato, la parto-analgesia dovrebbe essere erogata da una guardia anestesiologica che lavora in emergenza (e che può quindi intervenire al netto di urgenze). Tutti i punti nascita fanno riferimento a specifiche linee guida per quanto concerne le tecniche di parto-analgesia; in tutte le strutture il ricorso al taglio cesareo è inferiore al 20%. Le lesioni della dura madre con ago di Tuohy sono risultate di 1 su 250 nell’Ospedale di Perugia, 25 su 3.500 a Terni.
Non esiste un elenco degli eventi avversi, mentre esistono procedure condivise per il taglio cesareo sia in urgenza sia laddove programmato. In 4 strutture su 6 viene fornito materiale informativo sulla parto-analgesia. Esiste inoltre tra gli anestesisti della Regione una chat professionale finalizzata allo scambio di informazioni in tempo reale e un meeting semestrale.
La (drammatica) situazione del Sud-Italia
Il Meridione ha raccolto nell’ultimo anno circa 131.000 parti; di questi, il 32% è avvenuto in Campania. Nel Sud Italia non esistono dati sulla parto-analgesia ma solo sulle modalità di parto. Positivo è osservare che la Campania sia scesa sotto il 50% quanto a parti cesarei, anche se rimane al primo posto per ricorso al taglio cesareo a livello nazionale. Per quanto riguarda la condivisione di dati, la Regione Puglia rappresenta invece un fiore all’occhiello; in regione, la parto analgesia viene praticata in oltre il 40% dei punti nascita.
Al contrario non esistono dati relativi a Calabria, Sicilia e Sardegna.
In assoluto, la Campania si distingue per una situazione drammatica, con una totale assenza di dati da parte di tutte le strutture. I pochi dati esistenti, reperibili su siti ginecologici, attestano una parto-analgesia al 45% in presenza di anestesista, anche se manca la figura professionale dedicata h24, presente in appena 3 punti nascita.