Neuroradiologia, diagnostica e terapia nel terzo millennio

Il 40% degli accessi ospedalieri richiede esami diagnostici di neuroradiologia, in cui sono ricomprese il 70% delle risonanze magnetiche. Grazie a questa specialità che, più di ogni altra, utilizza l’intelligenza artificiale, gli esiti clinici di stroke e cura del dolore vertebrale sono radicalmente migliorati.
Di seguito, alcuni dati emersi dalla conferenza stampa di presentazione del 31° Congresso dell’Associazione Italiana di Neuroradiologia Diagnostica e Interventistica in corso di svolgimento a Roma dall’8 all’11 giugno.

La neuroradiologia è una specialità che si occupa delle patologie del sistema nervoso centrale e periferico, del cranio e della colonna vertebrale. Le applicazioni neuroradiologiche sono fondamentali in molti casi per la valutazione della patologia, sia nell’adulto sia nell’età pediatrica.
Basti in tal senso pensare a patologie come tumori cerebrali, epilessia pediatrica, e la sclerosi a placche dell’adulto, lo stroke ischemico ed emorragico, e tutta la patologia traumatica cranio spinale, la cui valutazione diagnostica tramite tac o risonanza magnetica appare ormai imprescindibile.

Sono stati questi i temi al centro della Conferenza di Presentazione del 31° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Neuroradiologia Diagnostica e Interventistica – AINR, tenutasi presso la Sala Caduti di Nassirya a Palazzo Madama lo scorso 7 giugno.

«Il congresso (svoltosi a Roma dall’8 all’11 giugno) è stato occasione di sensibilizzazione e informazione rispetto al ruolo del neuroradiologo», ha ricordato Andrea Rossi, presidente AINR e direttore della UOC Neuroradiologia Irccs Istituto Gaslini di Genova. «I problemi neurologici sono all’origine del 40% degli accessi ospedalieri e il 70% delle risonanze magnetiche è ormai di pertinenza neuroradiologica, ma molti pazienti non ci conoscono perché rimaniamo spesso dietro le quinte».

L’area interventistica

I progressi tecnologici hanno coinvolto nel tempo anche l’area interventistica dove, prima la diagnostica e quindi le tecniche di occlusione mediante spirali metalliche, hanno consentito il trattamento di aneurismi cerebrali, escludendoli dal circolo intracranico. Un problema che prima prevedeva solo l’intervento chirurgico e che, grazie all’intuizione dell’italiano Guido Guglielmi negli anni ’90, ha consentito di risolverlo in via definitiva intervenendo con la chiusura dell’aneurisma con un filo di piombo. Un’invenzione che ha cambiato radicalmente il paradigma.

Questo settore è quindi evoluto in modo sempre più sofisticato grazie allo sviluppo di cateteri e micro-cateteri più compatibili con i vasi cerebrali e spinali e quindi con terapie endovascolari nell’ictus, diventate una pietra miliare nel trattamento dello stroke, in grado di assicurare ai pazienti colpiti il recupero in molti casi del 100% delle proprie funzioni.

Tuttavia, se l’esito clinico degli stroke è migliorato radicalmente negli ultimi 5 anni grazie alla trombectomia meccanica, è ancora possibile agire in modo determinante sul fronte della prevenzione: «basti pensare che il 50% degli oltre 200 mila ictus che avvengono annualmente in Italia, potrebbe essere evitato grazie a controlli periodici della pressione, controlli cardiologi, esami del sangue e doppler carotidei, rinuncia al fumo e all’alcool che rappresentano importanti fattori di rischio», ha ricordato Mario Muto, direttore della UOC di Neuroradiologia Diagnostica e Terapeutica dell’Ospedale Cardarelli di Napoli e past president dell’Associazione Italiana di Neuroradiologia.

La rete degli ictus

La rete dell’ictus a oggi può contare su 60 UOC che si occupano di terapie tempo dipendenti (per avere un risultato ottimale l’intervento deve essere eseguito tra le 4/5 ore, e comunque non oltre le 6 ore, successive all’episodio) e terapie endovascolari.
Marcello Longo, vicepresidente dell’AINR ha rimarcato che «i 60 centri sono dotati di un registro che permette di riscontrare un aumento esponenziale degli accessi nell’ultimo quinquennio, andando a coprire a oggi buona parte dei bisogni».

Due elementi sono fondamentali, ha aggiunto: «La formazione dei neuroradiologi interventisti appare cruciale perché la popolazione possa trarne maggiormente vantaggio; è determinante avere una adeguata copertura dei centri sul territorio, soprattutto per quanto riguarda l’intervento in patologie tempo-dipendenti; è infine cruciale che la popolazione tutta sia a conoscenza di questi trattamenti».

Per quanto attiene alla formazione, dal 2016 è disponibile un master in neuroradiologia interventistica endovascolare, mentre nel 2021 è stato avviato un master di neuroradiologia diagnostica.

«Tuttavia, in neuroradiologia non esiste una divisione netta tra l’area interventistica e quella diagnostica, ha ricordato ancora Longo. «La diagnosi di malattia viene effettuata dal diagnosta che fornisce indicazioni all’interventista per un efficace trattamento. Il caso dello stroke è sintomatico: in assenza di accurata diagnosi non esiste intervento endovascolare efficace».

Altre aree di applicazione

La neuroradiologia può aiutare anche in altri ambiti terapeutici come le malattie neurodegenerative – identificando, attraverso la risonanza magnetica, le atrofie cerebrali causa di demenza – o la sclerosi multipla che, grazie ad una loro individuazione precoce, consente trattamenti targettizzati sempre più efficaci come l’immunoterapia o l’immunomodulazione.
«Un altro ambito di grande interesse è quell’epidemia silente dovuta alla fragilità ossea degli anziani, causa di crolli vertebrali», ha evidenziato Mario Muto. «La neuroradiologia non è infatti solo diagnostica ma anche terapeutica, grazie all’inserimento per via iniettiva, di una resina che consente la stabilizzazione delle vertebre, o ancora sull’ernia del disco, andando a ridurre la componente infiammatoria alla base del dolore».

Il 31° congresso e i 60 anni dell’AINR

Il 31° congresso nazionale rappresenta anche l’occasione per celebrare i 60 anni dell’Associazione nazionale di neuroradiologia fondata nel 1961 – celebrazione rinviata per via del Covid-19 –, una disciplina divenuta di crescente importanza nell’equilibrio del SSN degli ultimi anni.
«Siamo molto felici di riscontrare l’interesse recente nei confronti di questa disciplina in cui, in 30 anni, tutto è cambiato grazie all’introduzione di nuove tecnologie e intelligenza artificiale. Basti pensare che l’edizione di quest’anno conta 600 iscritti di cui un terzo under 30», ha sostenuto Alessandro Bozzano, presidente del 31° congresso nazionale AINR.

Elena D’Alessandri