Via via che la tecnologia robotica si sviluppa e definisce, le possibilità neuroriabilitative aumentano, a tutto vantaggio di pazienti affetti da ictus, lesioni midollari, sclerosi multipla, malattia di Parkinson, traumi cranici e paralisi cerebrale infantile. Occorre però che siano allestiti e condotti studi scientifici di valore, in grado di evidenziare la reale efficacia di questi percorsi innovativi e individuare i soggetti che possono trarne maggior vantaggio.
Spiega il prof. Stefano Mazzoleni, docente di Bioingegneria presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e dell’Informazione del Politecnico di Bari: «la robotica offre la possibilità di registrare parametri numerici in grado di caratterizzare in modo oggettivo le funzioni motorie e cognitive di ciascun paziente e quindi permettono di analizzare l’andamento di un trattamento riabilitativo.
Negli ultimi anni, la robotica si è alleata con l’intelligenza artificiale: l’elaborazione dei dati registrati dai robot combinati con le scale cliniche mediante algoritmi specifici permette di predire l’andamento del recupero motorio e cognitivo in un dato periodo di tempo.
In breve, diventa possibile predire l’andamento di una terapia senza dover attendere che il trattamento giunga al termine, con la possibilità di modificarlo in tempo reale e renderlo più conforme agli obiettivi, adattandosi alle capacità del paziente, in continua evoluzione.
Bisogna ricordare che l’algoritmo non sostituisce l’operatore sanitario, ma è un supporto per l’operatore stesso; come nel caso dei robot, lo specialista non viene sostituito, ma aiutato, per questo dobbiamo capire come utilizzare al meglio questi strumenti. La popolazione a cui ci rivolgiamo con il nostro lavoro di ricerca è affetta da patologie di origine neurologica. Ogni paziente viene sottoposto a un trattamento specifico, spesso utilizzando tecnologie come la robotica.
Dopo una prima fase pioneristica durata circa vent’anni, e rappresentata nel documento finale della Conferenza Nazionale di Consenso sulla robotica per la neuroriabilitazione promossa dalle società scientifiche SIRN e SIMFER nel 2018 e conclusasi nel 2022, oggi l’intera comunità scientifica è impegnata a dimostrare l’efficacia di trattamenti riabilitativi assistiti da robot per ciascuna di queste patologie per favorire il recupero delle funzioni motorie e cognitive di ogni paziente e per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e dei loro familiari».
Per poter procedere in questa direzione è importante che gli specialisti in gioco si confrontino. Per questo nei giorni scorsi l’Associazione Genesis, in collaborazione con l’Istituto Clinico Quarenghi e l’Ordine dei fisioterapisti di Bergamo, ha tenuto a San Pellegrino Terme (BG) l’evento “Robotica e tecnologie per la neuroriabilitazione: sfide e prospettive dalla ricerca alla pratica clinica”.
Presenti clinici, fisioterapisti, fisiatri, psicologi, logopedisti, infermieri, bioingegneri, parte degli staff clinici che si occupano dello sviluppo dei trattamenti robotici per i pazienti con patologia neurologica, oltre a pazienti e caregiver.
Il dott. Giampiero Salvi, neurologo presso la Clinica Quarenghi e presidente della Fondazione Genesis, sottolinea: «in questi anni la robotica ha fatto passi da gigante, ma occorre fare il punto della situazione per capire quali benefici si possano trarre nella riabilitazione, quando si debbano utilizzare, quali siano i pazienti bisognosi di questa tecnologia al fine di ritrovare l’autonomia nella vita quotidiana con cure a domicilio. In questo quadro non si può escludere l’aspetto etico, proprio di ogni tecnologia.
Per questo partecipa anche Padre Carlo Casalone, docente alla Pontifica Università Gregoriana e membro dell’Accademia Pontificia per la Vita. Questa voce permette di stimolare la riflessione su come l’introduzione di robot e tecnologie cambi l’organizzazione all’interno dei reparti, modifiche l’interazione tra operatore sanitario e paziente, abbia implicazioni di carattere etico.
I rischi, infatti, sono un abuso di queste tecnologie, un uso scorretto dei dati privati, la poca trasparenza, il problema dell’equità di accesso, i temi della responsabilità. Questioni sempre più cogenti per cui la parte bioetica deve essere alla base della futura progettazione».
Come ogni nuova tecnologia, anche quella robotica riabilitativa necessita di essere valutata anche da un punto di vista etico e sociale. Perché possa portare maggior benessere, e nessuna forma di abuso.