Neuroriabilitazione: necessario un cambio di cultura

Neuroriabilitazione: necessario un cambio di cultura
Carlo Caltagirone

La neuroriabilitazione nel nostro Paese fatica a trovare lo spazio che meriterebbe.

Questo, almeno, quanto si evince da alcune considerazioni della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma e, in particolare, del suo direttore sanitario, Antonino Salvia: «un primo grave ostacolo all’accesso dei pazienti in Italia a livelli adeguati di cure neuroriabilitative per gravi deficit cerebrali è dato dalle norme che stabiliscono che solo i pazienti che hanno attraversato un periodo di coma di almeno 24 ore possono essere ricoverati presso strutture ospedaliere di neuroriabilitazione di alta specialità. In realtà si possono verificare gravi danni cerebrali anche senza coma e avere pazienti usciti dal coma senza gravi danni cerebrali. Questo limite, imposto dal Ministero della Salute nel 2012, va rivisto sulla base dei dati scientifici ed epidemiologici».

Vi è inoltre una convinzione diffusa che la neuroriabilitazione serva solo per il recupero delle funzioni motorie, ma non è così: danni al cervello possono compromettere il linguaggio, la capacità di alimentarsi, la respirazione… fino ad arrivare a compromettere la stessa capacità di pensiero.

Un limite culturale che si frappone allo sviluppo di questa branchia della riabilitazione, con danno dei pazienti che ne avrebbero bisogno. Un altro dato interessante è quello relativo ai posti letto. Il Ministero della Salute stabilisce a 1.216 il numero di posti letto in tutta la nazione dedicati alla neuroriabilitazione.

Un numero che da tempo viene denunciato per esser insufficiente alle reali necessità del Paese. Lo sostengono varie società scientifiche, dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) alla Società italiana di Riabilitazione Neurologica (Sirn), passando per la Società Italiana di Riabilitazione Alta Specialità (Sirn) e l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism).

In particolare la Sirn ha fatto dei calcoli lo scorso anno, partendo da dati epidemiologici forniti dallo stesso Ministero della Salute e dalle Linee Guida della Italian Stroke Organization: i posti letto necessari a coprire solo il fabbisogno dei pazienti post ictus e di quelli colpiti da malattie e traumatismi del midollo spinale sarebbero 6.165. Numero che non tiene conto delle esigenze dei pazienti con Sclerosi Multipla, Parkinson, Alzheimer e altre patologie neurodegenerative.

Di recente si è aggiunta a questo elenco di detrattori anche la Federazione delle Associazioni per la Lotta all’Ictus Cerebrale (ALICe), una patologia che solo in Italia conta quasi 1 milione di persone ed è considerata la prima causa di disabilità nei Paesi sviluppati.

La Federazione ha ricordato che i numeri dei pazienti con disabilità neurologiche è in aumento, da una parte per la capacità della medicina di salvare più soggetti in fase acuta e, dall’altra, per il continuo innalzamento dell’età media di vita. In questo contesto si inserisce anche la voce della Fondazione Santa Lucia che da tempo chiede cambiamenti nella programmazione sanitari.

Il suo direttore scientifico, Carlo Caltagirone, ha sottolineato: «pazienti con gravi deficit neurologici hanno bisogno di percorsi di neuroriabilitazione multidisciplinari e complessi che solo strutture di neuroriabilitazione di alta specialità possono garantire. Senza una programmazione sanitaria fatta sui reali bisogni di salute della popolazione è inevitabile che questo tipo di pazienti finisca per essere consegnato insieme ai famigliari a una situazione di disabilità cronica. A conferma di questo, uno studio recentissimo della Ragioneria Generale dello Stato sulle tendenze di medio e lungo periodo del sistema pensionistico e sanitario ha registrato una spesa pubblica italiana per pensioni di inabilità e indennità di accompagnamento che è più che raddoppiata negli ultimi quindici anni ed è arrivata ormai a quasi 16 miliardi».

Stefania Somaré