Dal primo gennaio 2024 sarà ancora più difficile effettuare diagnosi genetica su soggetti con sospetta malattia rara. La denuncia arriva dalla Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) e dall’Osservatorio Malattie Rare (OMAR).
Gli aggiornamenti non includono indagini genetiche mirate
Il primo punto lo sottolinea la genetista Daniela Zuccarello, rappresentante della SIGU e dirigente medico presso l’Unità Operativa di genetica Clinica dell’Azienda Ospedale-Università di Padova: «il tariffario è stato aggiornato, peccato però che molte prestazioni relative alla genetica, oggi essenziali per fornire una risposta diagnostica tempestiva e certa ai pazienti con patologie rare senza diagnosi, non siano state inserite, e ciò significa che il SSN non le fornirà gratuitamente».
Ne consegue che ogni Regione si organizzerà come meglio potrà: quelle che possono contare su fondi ah hoc potranno continuare a garantire l’erogazione gratuita, ma pesando sul bilancio extra-LEA, mentre le altre potranno chiedere una copartecipazione delle famiglie o, addirittura, addebitare loro tutto il costo.
La spesa per il sequenziamento dell’esoma in trio, metodica oggi utilizzata per l’indagine contemporanea su migliaia di geni, è di 2000 euro, costo che non tutte le famiglie possono permettersi. Ciò significa non garantire un accesso alle cure equo creando. Aggiunge la dottoressa Zuccarello: «in pratica, non potremo eseguire indagini genetiche mirate in tutte quelle situazioni in cui non si può porre il sospetto diagnostico legato ad una malattia rara esente».
Cambiano i codici di esenzione
Sempre dal primo gennaio 2024 non sarà più possibile utilizzare il codice di esenzione unico R99, valido fino a oggi per i sospetti di malattia rare. Sarà necessario selezionare il codice specifico R da un elenco contenuto nell’allegato 7, riferito a un codice P, contenuto nell’allegato 4, che indica la malattia sospettata. E se la malattia non fosse compresa nell’elenco? Oppure, se la clinica non avesse ancora la possibilità di porre il corretto sospetto diagnostico? In entrambi i casi, il paziente non potrà più accedere all’indagine genetica.
«Il problema – interviene Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare – è che i codici di esenzione per malattia rara non vengono aggiornati dal 2017. Inoltre, non è stato applicato quanto previsto dal Testo Unico Malattie Rare, che aveva giustamente indicato la necessità di trasferire nel nostro sistema di esenzioni gli Orphacode, gli unici che garantirebbero di non lasciar fuori alcuna patologia nota».
Problemi in vista anche per lo screening del DNA fetale non invasivo (NIPT) e per la diagnosi preimpianto per le patologie monogeniche (PGT-M) e le alterazioni cromosomiche strutturali e numeriche (PGT-SR). Anche in questo caso, mancano i codici.
NIPT e diagnosi preimpianto PGT-M e PGT-SR
Spiega la dottoressa Zuccarello: «il NIPT non è stato inserito nei LEA che entreranno in vigore dal 2024 e questo è il primo problema. Nonostante ciò, sempre più donne scelgono di effettuarlo, pagandolo di tasca propria in regime privatistico.
Inoltre, i test NIPT offerti sul mercato sono sempre più estesi, cioè indagano la possibilità di presenza di un numero molto alto di patologie, comprese le microdelezioni. Dobbiamo però ricordare che il NIPT è un test di screening, non diagnostico. Nel caso risulti positivo, è necessario procedere con accertamenti diagnostici invasivi. Ma nel tariffario purtroppo è stata inserita solo la diagnosi prenatale invasiva tramite cariotipo standard, che non può mettere in evidenza le microdelezioni, che andrebbero invece indagate tramite CGH-array. In questi casi, la gestante dovrà farsi carico di questa prestazione aggiuntiva, dal costo medio di 800 euro».
Da ultimo, si creerà un controsenso: mentre la Fecondazione Medica Assistita è garantita dai LEA, non lo sono le indagini per verificare che l’embrione da impiantare sia geneticamente sano. «È evidente che questo costringe le coppie a rischio di malattia genetica a rivolgersi ai centri privati, se i centri pubblici non possono offrire loro la possibilità di evitare un aborto terapeutico» il tutto con costi che viaggiano intorno ai 5000 euro.