Il tempo della manutenzione ordinaria per il SSN è scaduto: per salvarlo servono scelte politiche incisive e coraggiose. Questo è il messaggio chiave del 6° Rapporto della Fondazione GIMBE, presentato il 10 ottobre scorso in Senato, che ha evidenziato tanto le polipatologie che affliggono oggi il nostro sistema sanitario, ormai al collasso, quanto possibili soluzioni da mettere in atto per salvarlo.
Il 6° rapporto di Fondazione GIMBE sullo stato di salute del SSN, presentato lo scorso 10 ottobre in Senato a Roma, mostra una situazione allarmante in cui il diritto stesso alla salute risulta compromesso.
“I principi fondanti del SSN, universalità, uguaglianza, equità”, ha sostenuto il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta in apertura, “sono stati traditi. Oggi sono ben altre le parole chiave che definiscono un SSN […]: interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure”.
Una situazione che non ha ripercussioni solo sulla salute ma sull’assetto stesso, economico e sociale, del Paese. Nel 2019 GIMBE aveva definito il SSN come un paziente cronico poli-patologico, vessato dal definanziamento pubblico, da nuovi LEA, da sprechi e inefficienze ed espansione del secondo pilastro. Quindi, nel 2020, è arrivata la pandemia che ha lasciato in eredità nuove patologie: lunghe liste di attesa, ritardo nell’erogazione di numerose prestazioni, long Covid, un forte impatto sulla salute mentale e sul personale sanitario, uscito dall’emergenza fortemente demotivato da promesse disattese e che oggi si configura come la priorità n.1.
L’articolazione del rapporto
Il rapporto GIMBE si articola in 8 capitoli: dopo una lettura dello stato di salute del SSN, procede quindi ad affrontare: le dinamiche del finanziamento pubblico, la spesa sanitaria, i Livelli essenziali di Assistenza e le diseguaglianze regionali, l’autonomia differenziata, il personale, il PNRR, illustrando infine lo schema di rilancio elaborato dalla Fondazione.
Il finanziamento
Il Fondo Sanitario Nazionale dal 2010 al 2023 è aumentato complessivamente di 23,3 miliardi di euro, in media 1,94 miliardi di euro l’anno, ma con trend molti diversi tra i periodi pre-pandemico (2010-2019), pandemico (2020-2022) e post-pandemico (2023), su cui “è opportuno rifare chiarezza – ha dichiarato Cartabellotta – per documentare che tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni hanno tagliato e, ovvero, non investito adeguatamente in sanità”.
Nel decennio 2010-2019 sono stati sottratti alla sanità 37 miliardi di euro, un trend questo interrotto e invertito dall’avvento dell’emergenza pandemica. Tra il 2020 e il 2023 sono stati iniettati nel sistema 11,2 miliardi di euro, risorse erose quasi totalmente dalla pandemia, cui ha fatto seguito l’inflazione, tanto che nel 2023 ben 1.400 milioni di euro dei 2.150 di incremento del FSN sono stati drenati dall’aumento dei costi energetici.
In termini assoluti nel triennio 2024-2026 l’incremento della spesa sanitaria appare di soli 4.238 milioni, pari al +1,1%, con un crollo spesa sanitaria su PIL che dal 6,6% del 2023 è destinata a scendere al 6,2% negli anni 2024 e 2025 per poi attestarsi al 6,1% nel 2026.
Spesa sanitaria
Guardando alla spesa sanitaria, nel 2022 sono stati spesi 171.867 milioni di euro, ossia il 6,8% del PIL. Rispetto alla media europea (7,1%), la nostra spesa è in difetto di appena 0,3 punti percentuali; tuttavia, la spesa pro-capite italiana risulta inferiore alla media OCSE di 829 euro che, se riferita ai 58,8 milioni di italiani residenti, si traduce in un gap di 48,8 miliardi di euro.
L’aggiornamento dei nuovi LEA
L’obiettivo dichiarato di ‘continuo aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza’ è di fatto fallito a causa di un ritardo di oltre 6 anni e mezzo nell’approvazione del Decreto Tariffe che ha reso impossibile sia ratificare i 29 aggiornamenti proposti dalla Commissione LEA, sia l’esigibilità di nuove prestazioni inserite nei ‘nuovi LEA’. Il monitoraggio dei LEA mostra poi un’Italia caratterizzata da una ‘frattura strutturale’ Nord-Sud.
Regionalismo differenziato
La frattura Nord-Sud si ripercuote anche sull’accesso alle cure, compromettendo gli esiti di salute e alimentando il fenomeno della migrazione sanitaria dalle regioni del Meridione verso quelle settentrionali. Una maggiore autonomia in sanità, come richiesto dalle Regioni, non farebbe che amplificare le disuguaglianze già esistenti, ragione per cui Fondazione GIMBE si è espressa in audizione presso la 1° Commissione Affari Sociali del Senato richiedendo che la sanità non diventi materia di competenza regionale nell’interesse della collettività e nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione.
Il personale
Anche se le fonti disponibili non permettono di analizzare in maniera univoca la reale forza lavoro del SSN e i dati 2021 verosimilmente sottostimano la carenza di personale, come evidenziato da Cartabellotta, si evidenziano forti differenze regionali, in particolare per il personale infermieristico, fortemente sacrificato nelle regioni in piano di rientro. Per i medici la media nazionale è di 2,11 ogni 1.000 abitanti, mentre per gli infermieri di 5,06, ma con oscillazioni che vanno da 3,59 della Campania a 6,72 del Friuli.
Il ruolo del PNRR nel salvataggio del SSN
La Fondazione individua nei fondi del PNRR la strada per arginare il collasso della sanità italiana.
“Se è certo che la Missione Salute del PNRR rappresenta una grande opportunità per potenziare il SSN – ha sottolineato Cartabellotta – la sua attuazione deve essere sostenuta da azioni politiche. Innanzitutto, per attuare il DM 77 bisogna mettere in campo coraggiose riforme di sistema, finalizzate in particolare a ridisegnare ruolo e responsabilità dei medici di famiglia e facilitare l’integrazione con l’infermiere di famiglia; in secondo luogo, servono investimenti certi e vincolati per il personale sanitario dal 2027, oltre che un’adeguata rivalutazione del fabbisogno di personale infermieristico; infine, occorre una rigorosa governance delle Regioni per colmare i gap esistenti. Ma soprattutto la politica, oltre a credere nell’impianto della Missione Salute, deve inserirlo in un quadro di rafforzamento complessivo del SSN: altrimenti indebiteremo le generazioni future per finanziare solo un costoso “lifting” del SSN”.
Il piano di rilancio
La Fondazione GIMBE ha da sempre ribadito che, se da un lato non esiste un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del SSN, dall’altro manca un esplicito programma politico per il suo potenziamento. Al fine di orientare le decisioni politiche, il Rapporto contiene uno schema di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale, per salvare un pilastro fondamentale della nostra democrazia.