Durante il 53esimo Congresso della Società Italiana di Neonatologia si è discusso anche di Terapie Intensive Neonatali (TIN), sottolineando la presenza, in Italia, di realtà troppo piccole per poter garantire sicurezza ai piccoli pazienti e alle loro famiglie.
Più di recente i riflettori si sono accesi su un altro problema: la carenza di Terapie Intensive Pediatriche (TIP). La nostra penisola conta 124 TIN contro 26 TIP. Di queste, 13 sono al Nord, 9 al Centro e solo 4 al Sud, mentre in Sardegna non è presente. Per quanto riguarda i posti letto, sono 273 in tutto, con un rapporto posti letto/popolazione di 1/35.856, lontano dal 1/20.000-30.000 raccomandato dall’Unione Europea.
Si evidenzia, inoltre, una controtendenza rispetto a quanto accade in altri Paesi industrializzati, a partire dagli Stati Uniti d’America, ovvero quella di aumentare il numero di posti letto dedicati alla popolazione pediatrica. Una tendenza che risponde a una reale esigenza. Purtroppo, il numero di bambini che necessita di cure intensive è in crescita, dato forse correlato al numero sempre maggiore di neonati prematuri.
È noto che un bambino nato prematuramente può manifestare una serie di problematiche che necessitano di cura e assistenza e che non sempre rientrano quando il paziente passa dalla fase lattante a quella pediatrica. Oggi, in Italia, 1 bambino su 10 nasce prematuro e potrebbe avere bisogno di cure continuative anche nell’età pediatrica. Come ci si comporta, quindi, in assenza di TIP?
Evitare i ricoveri in strutture per adulti
Al momento ciò che può accadere è che un piccolo paziente pediatrico venga ricoverato in una Terapia Intensiva per adulti (TI): una scelta considerata sbagliata all’unanimità dalla Letteratura. Sembra che in Italia circa 8500 pazienti pediatrici critici ricevano cure proprio in TI, ovvero il 50% dei pazienti pediatrici critici ricoverati. Si tratta di un problema da tempo evidenziato dalla SIN che, non a caso, ha avviato da qualche anno un gruppo di studio dedicato, il GdS Terapia intensiva della Prima Infanzia-TIPI.
La soluzione proposta da SIN per il caso italiano
Survey condotte dal gruppo TIPI hanno evidenziato che, già oggi, le TIN ricoverano e trattano pazienti pediatrici di età compresa tra le 30 e le 44 settimane di vita, spesso per problematiche respiratorie, come la bronchiolite da Virus Respiratorio Sincinziale. Da qui l’idea: piuttosto che ricoverare i pazienti pediatrici nelle strutture per l’adulto, meglio aumentare il numero di posti letto nelle Unità di Terapia Intensiva Pediatrica (PICU). In questo modo si otterrà subito una migliore distribuzione dei posti letto lungo lo stivale.
Tuttavia, occorre anche creare una rete clinica, sul modello “Hub & Spoke”, che consenta di centralizzare i criteri per il trattamento e il trasferimento dei pazienti pediatrici in condizioni critiche. In questo modo, inoltre, i neonati già ricoverati in TIN e divenuti più grandi potranno contare sulla continuità di cura, essendo seguiti da neonatologi che già ne conoscono la storia clinica. Questa soluzione sarebbe vantaggiosa anche per le famiglie che, in un momento di difficoltà e paura, possono contare su relazioni già avviate e salde.
Tale modello con reparti di TIP e TIN, ai quali si affiancano reparti di TIN allargate, non è nuovo: è già attivo in Paesi come Germania, Francia e Spagna, con territorio e popolazione simili ai nostri.