L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Foundation for Innovative New Diagnostics hanno firmato un accordo di collaborazione che durerà fino al 2025 allo scopo di individuare strategie per rendere più accessibile e forte la diagnosi di patologie nei Paesi a basso sviluppo.
Un atto che consentirebbe di individuare prima i focolai di eventuali patologie e quindi di gestire meglio la sanità non solo a livello locale, ma anche globale.
La fase diagnostica è probabilmente l’anello più debole della sanità dei Paesi poveri, soprattutto perché richiede spesso macchinari ad alta tecnologia e costosi.
«Eppure, le sfide della sanità globale, come quella dell’attuale caso Coronavirus, dimostrano che senza questo essenziale elemento di un sistema sanitario non si può promuovere la salute e tenere il mondo al sicuro.
Questa collaborazione permetterà di capire a fondo le necessità dei diversi Paesi e come portare loro le innovazioni necessarie. Non vogliamo lasciare indietro nessuno».
Queste le parole del direttore generale dell’Oms, dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus.
OMS e FIND collaborano a vari livelli dal 2008. Il primo passo di questo nuovo progetto consiste nello stilare una Lista della Diagnostica Essenziale necessaria a ognuno dei Paesi a basso sviluppo, per poi trovare il modo di fornirla.
Catharina Boehme, ceo di FIND, ha sottolineato che i servizi integrati di diagnosi sono funzionali a sistemi sanitari efficienti non solo per gestire le necessità quotidiane ma anche per assicurare una corretta gestione dei focolai di nuove patologie.
Lavorando con l’OMS, FIND potrà aiutare questi Paesi a sviluppare una strategia diagnostica basata su dati, quindi reale.
Tra le prima azioni ci sarà proprio la collezione di dati sanitari.
Stefania Somaré