Prendersi cura dei malati di Parkinson (oggi più di 200.000 italiani ne soffrono), richiede un percorso assistenziale multidisciplinare, di cui fanno parte di norma psicologi, neurologi, geriatri, esperti di riabilitazione e anche chirurghi. Quando infatti tutti gli altri trattamenti non funzionano più, la sola via da tentare è quella della neurochirurgia.
Ecco quindi che al Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma i neurochirurghi si uniscono all’équipe per il trattamento del Parkinson.
«Il trattamento chirurgico più efficace», dice Tommaso Tufo, neurochirurgo funzionale del team del prof. Alessandro Olivi, direttore dell’Istituto di Neurochirurgia alla Cattolica e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia del Gemelli, «consiste nel posizionamento di elettrodi per la stimolazione del cervello e in particolare del nucleo subtalamico. Questa area si trova nella profondità del cervello e viene, generalmente, raggiunta mediante chirurgia stereotassica che, attraverso un caschetto e un computer, permette di raggiungere con precisione millimetrica la zona da stimolare, consentendo un miglioramento dei sintomi e una riduzione dei farmaci a volte fino all’80%».
Difetto di questa pratica è proprio il casco stereotassico, avvertito dai pazienti come fastidioso. Oggi, però, è disponibile una tecnica più innovativa «che non fa uso del casco e che è detta frameless», precisa Tommaso Tufo, «che consente di raggiungere la zona desiderata grazie alla neuronavigazione. Questo sistema offre al paziente maggiore comfort».
In entrambi i casi, una volta raggiunta l’area da stimolare, è necessario fare valutazioni calibrate sul singolo paziente, cosa che solo neurologi con una formazione adeguata sono in grado di fare. Per verificare che la stimolazione sia adeguata, il paziente deve essere sveglio: oggi sono disponibili nuovi farmaci che permettono di addormentare il paziente durante la navigazione per poi svegliarlo per i dovuti controlli, evitando così di costringerlo ad attese lunghe e fastidiose.
Stefania Somaré