Più igiene, meno infezioni

Nel 2017 il Joint Commission Italian Network ha avviato un progetto mirato a favorire l’aderenza al lavaggio delle mani nelle strutture sanitarie.
I primi risultati sono positivi e incoraggiano a proseguire sulla strada intrapresa.

L’ultimo episodio di cronaca è quello di un uomo sulla sessantina affetto da insufficienza renale e deceduto dopo aver contratto tre infezioni in ospedale, dove si recava periodicamente per la dialisi.
Una vicenda che conferma, ancora una volta, che i batteri stanno diventando sempre più temibili.

Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, le infezioni più pericolose sono causate da germi multiresistenti.
Proprio a questi ultimi si devono ascrivere ben 2.300 giornate di degenza in più in un anno ogni 100 mila persone, a cui si associano una spesa per il SSN di oltre 600 mila euro e oltre 10 mila decessi.
A detta degli esperti, basterebbe, però, un po’ di prevenzione per ridurre le infezioni almeno del 30%.

Una delle strategie più semplici ed efficaci in tal senso è l’igiene delle mani, che però viene spesso disattesa dagli operatori, tant’è che la media del consumo di soluzioni idroalcoliche all’interno delle strutture sanitarie italiane è di soli 15 ml per paziente al giorno, al di sotto del minimo raccomandato dall’OMS (20 ml).

In questo scenario, il Joint Commission Italian Network ha avviato nel 2017 Hand Hygiene, un progetto di benchmark mirato a valutare la compliance all’igiene delle mani e a promuovere processi di miglioramento.
All’iniziativa hanno volontariamente partecipato le organizzazioni aderenti al gruppo stesso.

La raccolta dei dati

I dati, presentati al 14° Forum Risk Management, che si è tenuto lo scorso novembre a Firenze, sono stati raccolti in strutture sia pubbliche che private (15 nel 2017, 12 nel 2018, 16 nel 2019), con una copertura su tutto il territorio nazionale, durante il terzo quadrimestre (dal 1° settembre al 31 dicembre) di ciascun anno, mentre nei restanti mesi sono state implementate attività di formazione e informazione per migliorare l’aderenza.

Per le rilevazioni, che sono state almeno 210 al mese per ogni struttura, è stato utilizzato il modello Observation Form, un apposito modulo redatto dall’Organizzazione mondiale della sanità.

In due anni (2017 e 2018, i dati del 2019 sono in fase di elaborazione) sono state raccolte 64.468 osservazioni (di cui 33.498 nel 2017 e 30.970 nel 2018).

Tra queste, le rilevazioni per profilo professionale hanno coinvolto 28.755 infermieri, 17.801 medici, 9.449 operatori socio-sanitari, 1.933 tecnici, 1.445 ausiliari, 1.088 terapisti, 3.997 figure non definite; per setting hanno riguardato 35.294 degenze, 8.914 ambulatori o day hospital, 7.348 aree intensive, 5.531 sale operatorie, 4.585 servizi, 2.796 pronto soccorso; per i cinque momenti di igiene delle mani identificati dall’OMS sono state 23.396 prima del contatto con il paziente, 5.986 prima di una manovra asettica, 6.102 dopo l’esposizione a un liquido biologico, 19.908 dopo il contatto con il paziente, 9.076 dopo il contatto con l’ambiente che circonda il paziente stesso.

I primi risultati

Ebbene, a partire da queste rilevazioni un gruppo di esperti ha svolto un’analisi, i cui risultati sono suddivisi in tre settori.

Setting assistenziali
In media la compliance all’igiene delle mani (intesa sia come lavaggio con acqua e sapone, sia come impiego di soluzione alcolica) nel totale dei setting è del 77%.
Ad avere la performance migliore sono i servizi con l’82% di aderenza, seguiti da aree intensive e ambulatori o day hospital con l’80% ex aequo e dalle degenze con il 76%.
Agli ultimi posti si collocano le sale operatorie con il 74% di compliance e il pronto soccorso con il 73%.
Focalizzandosi sul confronto tra il 2017 e il 2018, si registra un sensibile miglioramento.
Per quanto riguarda il totale delle aree, la non aderenza è scesa dal 24% al 22%.
Il progresso più significativo è stato quello del pronto soccorso, in cui in un anno si è registrato un calo dal 35% al 21%, con un recupero di ben 14 punti percentuali.
Figure professionali
In testa, con una compliance dell’82%, ci sono gli infermieri.
«Questo dato particolarmente positivo dimostra che l’attività di sensibilizzazione sull’igiene delle mani portata avanti negli anni dalla Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi) ha dato i suoi frutti», commenta Laura Lodetti, chief executive officer e socia di Progea, il partner in Italia di Joint Commission Network.
Agli ultimi posti, invece, i medici con un’aderenza del 71% e gli ausiliari con il 64%. Confrontando 2017 e 2018, si nota che gli operatori nel complesso hanno mostrato una diminuzione della non aderenza, che è passata dal 24% al 22%.
Nel dettaglio, gli infermieri e gli ausiliari hanno mantenuto la loro posizione, mentre miglioramenti si sono registrati per gli operatori socio-sanitari (dal 26 al 22%) e, in misura più contenuta, per i medici (dal 29 al 28%) e per i terapisti (dal 22 al 21%).

Momenti e procedure

I dati mostrano che l’igiene delle mani tende a essere eseguita più spesso (91% dei casi) dopo l’esposizione a un liquido biologico e meno negli altri quattro momenti (85% prima di una manovra asettica, 80% dopo il contatto con il paziente, 72% prima del contatto con il paziente e 65% dopo il contatto con l’ambiente che lo circonda).
«Tali dati potrebbero suggerire che l’igiene è ancora percepita da molti operatori più come una difesa nei confronti di se stessi che come uno strumento di tutela del paziente», ipotizza Lodetti.
Mettendo a confronto 2017 e 2018 si evidenzia che passi avanti sono stati fatti in tutti e cinque i momenti di igiene delle mani. In particolare, prima del contatto con il paziente la non aderenza è scesa dal 28% al 26%, prima di una manovra asettica dal 16% al 13%, dopo l’esposizione a un liquido biologico dall’11% all’8%, dopo il contatto con il paziente dal 21% al 18%, dopo il contatto con l’ambiente che circonda il paziente dal 36% al 32%.

Un punto di partenza per migliorare

«La possibilità di analizzare i dati in relazione alla figura professionale, all’area clinica di riferimento, al momento dà a ciascuna organizzazione l’opportunità di mettere in atto azioni correttive specifiche, in grado di incidere positivamente sull’agire dei professionisti che entrano in contatto con i pazienti», spiega Filippo Azzali, coordinatore del Joint Commission Italian Network.
«Il progetto è la testimonianza del fatto che la misurazione dei risultati e il confronto sulle buone prassi sono elementi che “ripagano” gli investimenti di ciascuna struttura, che potrà così garantire processi di cura più sicuri ed efficaci».
Dopo le rilevazioni del primo triennio (2017-2019), ci sarà la possibilità, per le aziende sanitarie che lo desiderano, di estendere le valutazioni a tutto l’anno, aggiungendo anche altri parametri di osservazione (per esempio, il tempo di lavaggio delle mani). Perché, come diceva Atul Gawande, medico statunitense esperto nella riduzione degli errori, «migliorare è possibile.
Ci vogliono diligenza, chiarezza morale, ingegnosità. Ma soprattutto ci vuole la volontà di continuare a provare».

Le strutture coinvolte nel progetto

– Azienda ospedaliero-universitaria Meyer di Firenze
– Azienda ospedaliero-universitaria di Udine
– Azienda socio sanitaria territoriale di Cremona
– Azienda socio sanitaria territoriale Spedali Civili di Brescia
– Centro Chirurgico Toscano di Arezzo
– Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia
– Fondazione Poliambulanza Istituto Ospedaliero di Brescia
– Humanitas Centro Catanese di Oncologia di Catania
– Humanitas Gavazzeni di Bergamo
– Humanitas Research Hospital di Rozzano (Milano)
– Istituto Europeo di Oncologia di Milano
– Irccs Istituto Giannina Gaslini di Genova
– Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
– Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
– Irccs Ospedale San Raffaele di Milano
– Policlinico Agostino Gemelli di Roma

Indicazioni per l’igiene delle mani in una struttura sanitaria

  • Lavare le mani con acqua e sapone quando sono visibilmente sporche o si sospetta un’esposizione a microbi sporiformi (per esempio, Clostridium difficile) o dopo aver utilizzato il bagno. Il lavaggio va effettuato bagnando le mani con acqua, applicando una quantità di sapone sufficiente, asciugandole con una salvietta monouso.
  • Usare un prodotto a base alcolica nelle altre situazioni, in particolare prima e dopo il contatto con il paziente. In questi casi, occorre versare sul palmo della mano una quantità adeguata di prodotto e frizionare le mani finché saranno asciutte.
  • Non praticare mai in sequenza il lavaggio con acqua e sapone e la frizione con il prodotto a base alcolica.
  • I guanti proteggono da sangue, fluidi corporei, cute non integra, membrane mucose, ma non sostituiscono l’igiene delle mani con acqua e sapone o con un prodotto a base alcolica. In ogni caso, i guanti non vanno mai riutilizzati.
  • Le unghie devono essere mantenute corte (0,5 cm) e non vanno indossate unghie artificiali durante il contatto con il paziente.

Paola Arosio